Il progetto di uno “sportello di mediazione etnoclinica” a Biella a cura di Eleonora Spina, antropologa culturale.
L’ultimo intervento di CONdiVISIONE parte dal racconto di un’esperienza vissuta e da un progetto che ramodoro ha particolarmente a cuore.
Per presentare la maniera in cui tento di fare antropologia lavorando come mediatrice etnoclinica – che è poi la forma in cui personalmente provo a calare le teorie antorpologiche nella concretezza di una pratica professionale quotidiana, con tutte le mediazioni e compromessi che quest’operazione esige – non posso che cominciare dalla storia di un altro, mantendomi così fedele a quell’intuizione dell’antropologia per cui non si conosce se stessi se non nella relazione dialettica, spesso faticosa ed accidentata, con l’altro da sè.
Il protagonista della vicenda è un uomo maliano che nel 2008 lascia il suo villaggio per cercare lavoro in una grande e conosciuta città del Nord, Gao, non distante dal confine col Niger. Quando nel 2012 la regione diventa teatro dei cruenti scontri assurti agli onori della cronaca internazionale, anche il nostro uomo è fatto oggetto di violenze ed è costretto ad assistere impotente ai soprusi inflitti ad una delle due mogli. A seguito di questo episodio fugge dal Paese e, dopo un viaggio estremamente lungo ed accidentato, raggiunge infine la Libia. Qui, dopo mesi di detenzione nelle famigerate carceri libiche, riesce ad imbracarsi e a raggiungere l’Italia
Commenti recenti